Maestre e zombie.

Come vere signore rispettabili, ci alziamo presto, prepariamo la colazione ai nostri figli, il caffè a nostro marito e usciamo.

Da come ci guardano il bidello e le colleghe si capisce che abbiamo azzeccato l’abito. Sembra quasi che non si accorgano che siamo vestite, se non per una piccola espressione di rispetto per la sobrietà e per quel pizzico di eleganza che ci contraddistingue.

Ma non siamo qui per loro. Noi abbiamo una missione: educare i bambini. Trasformarli, cambiarli, farli diventare adulti. Sono loro il nostro obiettivo.

“Buon giorno bambini.” Siamo molto gentili, soprattutto all’inizio dell’anno. Non vogliamo che si spaventino. Facciamo insieme dei cartelloni di benvenuto che attaccheremo al muro. A loro piace, disegnare, colorare, mostrare che sanno scrivere delle lettere. Sono felici.
Ci seguono, ci ascoltano. Sono bravi, sono calmi, sono silenziosi.
Possiamo iniziare.

Prove d’ingresso.
Bisogna capire cosa sanno e non sanno fare.
Stanno un’ora a fare delle schede.
Uno di loro, Mattia, prende lo zaino, si alza e va verso la porta.
Gli chiediamo: “dove vai?”
“A casa”, risponde.
E ridiamo come le matte: “Ma non puoi andare a casa. Fuori non c’è la mamma. Vuoi perderti per strada? Come fai a tornare a casa senza la mamma?”

Impareranno tutti che non bisogna alzarsi senza il permesso, che non si può uscire dalla classe, che non si può non fare i compiti, che non si può giocare mentre si lavora, che non ci si tolgono le scarpe in classe, non si grida, non si danno pugni, non si corre, non si ride, non si piange, non si scherza, non si gioca con il cibo, non ci si arrampica sugli alberi o sullo steccato in giardino, non si parla.
Zitti. State zitti.

La più grande soddisfazione, dopo anni di lavoro, è vederli uscire dalla quinta elementare completamente cambiati. Certo, ognuno ha la sua personalità. Ma sono tutti bravi, composti, educati.
Per noi l’indizio è quel sorriso. Una volta ridevano o piangevano quando ne avevano voglia. Adesso sanno esattamente quando e come sorridere. Mentre ti danno la mano per congedarsi dalla scuola elementare.

E poi torniamo a casa. Esauste. E’ un lavoro usurante il nostro. Provate voi a rimproverare continuamente qualcuno dalla mattina al pomeriggio. Per il nostro corpo non è diverso se litighiamo con un adulto o con dei bambini. Provate a litigare con qualcuno per quattro ore di fila, ogni giorno, per tutta la vita.

Ma è una missione. E la portiamo a termine con piacere. Anche solo per riuscire a vedere quel sorriso.

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