E’ bello all’inizio di ogni percorso spirituale dire “Sì! Morte all’ego! Fanculo! Voglio l’illuminazione ora!”, “Farò tutto quello che serve per distruggere questo ego che mi impedisce di essere uno con il tutto!”.
Dopo qualche tempo però arriva, sempre, inevitabile, quella frase: “Io non ho capito come facciamo a correggere il nostro ego mantenendo la nostra individualità. Io non voglio perdere la mia individualità.”
E secondo te l’ego che cos’è?
Immagina di andare al tuo mercatino fricchettone preferito, dove un tempo godevi al solo respirare l’aria d’incenso, a vedere i cilum, gli anelli con tutti i simboli possibili e le magliette con tutti i gruppi rock e metal del mondo. Era come una galleria d’arte, meglio di una galleria d’arte intellettuale con opere morte create solo per un target di collezionisti milionari e di artisti che leggono tutti le stesse quattro cose radical chic del cazzo (ok, qui ho un po’ calcato la mano).
Insomma immagina di andare al tuo mercatino preferito e che quell’odore d’incenso ti dia noia, che quelle magliette pensi che non le metteresti mai, che nessuno di quei simboli negli anelli ti rappresenti più di quanto non faccia topolino (anzi una maglietta di topolino mi manca proprio), che di dischi vecchi acid jazz non sai cosa fartene e neanche di dvd di film di serie b, perché sei una persona immorale e ascolti e vedi tutto in streaming.
Immagina di non sentire più niente. Quella roba è una parte di te che non c’è più, cioè non è vero che non c’è più, c’è, ma è come la tua prima bicicletta, non riesci neanche più a sedertici.
E una vocina in testa (che in realtà non è una vocina, è solo un modo di dire, è una sensazione) dice: io non sono questo, anzi io non sono mai stato questo, era solo un travestimento, una maschera, un modo per dire agli altri e a te stesso: “attenzione: io sono questo”. Ma non era vero.
La risposta alla domanda sull’individualità è: “Che facciamo, le togliamo le rotelle?”